Riportiamo integralmente l’intervista a Francesco Coloru, Presidente della Cooperativa Istelai di Bitti, recentemente pubblicata sul sito di Confcooperative FederCultura Turismo Sport, la federazione che rappresenta il variegato mondo delle cooperative che operano nell’ambito di Servizi Culturali, Spettacolo, Sport, Turismo, Comunicazione ed Informazione.
La Cooperativa Istelai opera da circa vent’anni nell’entroterra sardo, nella città di Bitti (NU), per la salvaguardia e la valorizzazione di un ricco patrimonio naturale, archeologico e culturale. Gestisce il Museo della Civiltà Pastorale e Contadina, il Museo del Canto a Tenore e il Parco Letterario Grazia Deledda. Per capire meglio quali sono i valori che guidano questa cooperativa abbiamo intervistato il Presidente, Francesco Coloru, il quale ne ha visto la fondazione e lo sviluppo.
Presidente, la prima curiosità nasce dal nome della cooperativa: perché Istelai?
Il nome prende origine da un particolare nuraghe presente sul nostro territorio: abbiamo infatti voluto legare la cooperativa al nostro lavoro archeologico. Il toponimo rappresenta il nostro territorio, la nostra storia e la volontà di portare avanti la tradizione nelle generazioni future.
Come nasce una cooperativa per il recupero delle tradizioni culturali? Quali sono le principali aree di intervento?
La nostra cooperativa nasce circa vent’anni fa dall’unione di un gruppo di ragazzi che avevano come obiettivo comune quello di valorizzare i beni archeologici e culturali del proprio paese. Abbiamo iniziato occupandoci di un progetto proposto dal Comune, che prevedeva la promozione di una struttura museale che doveva essere aperta e in seguito gestita per il pubblico, dando al tempo stesso maggiore visibilità al patrimonio archeologico.
Dopo circa un anno di lavoro insieme abbiamo preso coscienza di poterci radicare sul territorio con qualcosa di più importante, qualcosa che doveva durare nel tempo e che facesse da volano per altre attività. In questo settore possiamo dire d’essere stati un po’ pionieri, perché Bitti si basa principalmente sulla pastorizia e sull’agricoltura: noi abbiamo invece implementato il settore del turismo e della cultura. Sentivamo davvero la necessità di creare una realtà per la conservazione della nostra tradizione storica e culturale.
In particolare cattura l’attenzione il vostro impegno per il Museo Multimediale del Canto a Tenore, che cos’è?
Il Museo nasce nel 2005 e racconta l’espressione musicale tipica della nostra area, il canto a tenore. Si tratta di una tradizione delle zone pastorali che viene fatta risalire addirittura all’epoca dei nuraghi. Un canto polifonico composto da quattro voci con timbri originali e gutturali che vanno dal basso al baritono che si è diffuso solo in Sardegna, in alcune zone del Caucaso e della Mongolia. E’un canto unico al mondo, e poco tempo fa è stato proclamato“Capolavoro del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità” dall’UNESCO. Il Museo illustra in un percorso interattivo e multimediale l’evoluzione del canto a tenore dalle origini fino ai giorni nostri.
Che cosa attrae il turista a Bitti? Che cosa lo contraddistingue da altri paesi della Sardegna?
Credo che in particolare il turista sia attratto dalle nostre bellezze naturali e dall’originalità del paesaggio. Presentiamo molte attività legate all’ambiente e alla conservazione del nostro patrimonio storico e culturale. Lontano dalle coste trafficate, Bitti mostra la Sardegna più vera ed autentica a partire dall’età nuragica. Un esempio fra tutti è la il nostro singolare sito archeologico Romanzesu. Un’altra attrazione è la grande tradizione enogastronomica della nostra terra: a Bitti è infatti possibile riscoprire antichi sapori e rivivere un passato non così lontano.
Il complesso nuragico Romanzesu, perché è così particolare?
In origine si trattava in realtà di un semplice aggregato di capanne che sorsero attorno al XV secolo a.C. e che con il trascorrere del tempo si trasformò in una comunità complessa e articolata. La concentrazione di edifici di culto e di strutture a destinazione d’uso rituale e cerimoniale, senza eguali nell’architettura sacra nuragica, costituiscono gli elementi dell’evoluzione di “Romanzesu” da villaggio a “centro cerimoniale comunitario” di riferimento su tutto il territorio circostante. Una caratteristica che lo contraddistingue da tutti gli altri complessi archeologici sardi.
Tra le vostre numerose attività c’è anche quello dell’organizzazione del Parco Letterario Grazia Deledda. Di che cosa si tratta?
Come il nome suggerisce, il Parco è in onore della grande scrittrice Grazie Deledda che in alcune sue opere cita proprio il nostro paese, Bitti. L’idea nasce dall’esigenza di voler proporre ai turisti, ma anche ai cittadini, un’offerta letteraria composta da iniziative a vario titolo come letture all’aperto, incontri, workshop e presentazioni con autori e artisti. Al momento stiamo rilanciando questa realtà in modo da darle la giusta posizione nel nostro panorama culturale.
Per il futuro, ci sono progetti che vi stanno particolarmente a cuore di cui vorreste parlarci?
Il nostro obiettivo principale ad oggi è quello di riunire le numerose cooperative che ci sono sul territorio per fare rete insieme e offrire così maggiore visibilità alle strutture e alle manifestazioni locali. In questo modo potremmo dare quel valore aggiunto proprio della cooperazione. Insieme possiamo far conoscere le bellezze naturali, storiche e culturali che la nostra terra ha da offrire.
Prossime iniziative in programma?
Con la bella stagione ricominceranno le escursioni giornaliere locali alla scoperta degli ambienti naturali più caratteristici. A breve partirà inoltre la nuova stagione teatrale che si svolgerà sia all’interno delle realtà museali, sia sui siti archeologici. Tante infine le iniziative a carattere culturale che saranno presentate nei prossimi mesi e che, visto il grande successo degli anni passati, riteniamo molto attesi dal pubblico.
Leggi l’intervista sul sito Confcooperative FederCultura Turismo Sport